GENOVA 14 agosto 2018
Lettera a Marta dal Suo Papà
#Genova
“Mi avevi pregato tanto per andare in Sardegna col tuo fidanzato. Ti avevo detto che, fosse stato per me, non ci saresti andata. Però poi ho visto il tuo sorriso mentre programmavi i tuoi itinerari di viaggio, le escursioni, le giornate al mare. Ti ho detto di sí. Dovevi tornare a casa e raccontarmi come fosse stato. Dovevi dirmi che quel ragazzo ti aveva chiesto di sposarlo sulle note di quella canzone che cantavi sempre sotto la doccia, quella che hai messo anche oggi, prima di uscire. Prima di dirmi che mi volevi bene, stringendomi in un abbraccio. Tu con la tua testa sulla mia spalla e io con le mie mani ad accarezzarti quei capelli che non pettinavi mai. “Papà sono ricci.” E non era vero che “ogni riccio, un capriccio”. Per ogni tuo riccio si scatenavano dieci tempeste. Però eri buona. Eri tanto buona. Eri tua madre, senza la sua paura di vivere, con tanta voglia di guardare le cose belle del mondo.
Ti ho dato un bacio sulla fronte “scrivi quando arrivi, prima di prendere il traghetto”. “Scrivi quando arrivi”, era il mio dirti che ti volevo bene, che ero un papà preoccupato, ma felice di vederti felice a tua volta.
Ho sperato che tra quei morti non ci fossero i vostri nomi. Ho sperato di non vedervi ridotti ad una riga su un quotidiano.
Vorrei sapere di chi è la colpa, chi si è portato via le tue mani affusolate o le tue magliette sempre a maniche corte. Chissà cosa hai provato. Chissà come ti stava il terrore addosso.
Mai avrei pensato di poter avere cucita su di me la consapevolezza che fosse finita e che non avresti avuto più possibilità dalla vita. Niente laurea. Niente nuovi posti del mondo da fotografare, niente più “ti scrivo quando arrivo, papà”.
Voglio che tu sappia che sono fiero di essere tuo padre. Fiero di averti avuta accanto. Fiero dei tuoi abbracci che mi hanno fatto diventare un uomo migliore. Fiero di averti accompagnata nelle tue piccole vittorie e nelle tue grandi sconfitte. Sono fiero di averti vista crescere. Con una morsa al cuore per non poterlo fare più.
E mentre c’è chi dal posto caldo dietro la propria scrivania discute sui vaccini, gli immigrati, le famiglie arcobaleno, mentre l’Italia crolla a pezzi, io piango chiedendo a Dio la forza per svegliarmi domani e vivere con la tua stessa volontà. Riposa in pace figlia mia.
Scrivi quando arrivi, in paradiso
Scrivi quando arrivi.
Per sempre tuo,
papà"